Riflessioni a margine
a cura della Dott.ssa Elisa Bertoja
Assistente sociale e Criminologa sociale
Omicida
Sono milioni i bambini mai nati a cui, in silenzio e con il capo chino, dovremmo dedicare qualche minuto.
Sono milioni le donne interrotte da uomini che dovrebbero amarle e renderle madri e, invece, le tolgono la vita.
Sette mesi in un pancione sono tanti. Tanti per fare castelli d’aria e di sabbia. Tanti per immaginare la vita, i giorni e le notti insieme. Le notti infinitamente lunghe delle madri. Quelle notti fatte di pensieri unici, speciali, un misto di gioia e di paura. Di domande e di risposte. Di coccole e risate.
Sette mesi in un pancione dovrebbero essere tanti. Per darsi delle risposte e guardarsi dentro con dignità e responsabilità. Sette mesi in un pancione dovrebbero essere abbastanza per innamorarsi e per saper essere uomini prima ancora che padri.
È indescrivibile cosa porti una persona a trasformarsi in un mostro. Mostri si nasce o si diventa? Vi sono numerose teorie a riguardo ma tutte sono validabili. Nessuna risponde alle domande. Nessuna cura la ferita che la morte lascia. Nessuna riporta indietro vite. Nessuna ridà speranza. Molto fa il temperamento. Molto fa il contesto, l’esempio e l’educazione. È un vortice che dovrebbe alimentarsi in modo simbiotico e invece, da qualche parte e per qualcuno, si inceppa e si spezza lasciando una persona a metà. Alessandro aveva un’altra compagna, con cui la gravidanza non era andata a buon fine. Era un barman che lavorava in locali di alto livello nel milanese. Era la classica personalità egocentrica, manipolatoria e pericolosa. Alessandro era stato figlio, era padre e sarebbe diventato nuovamente padre.
Giulia voleva scegliere. Giulia voleva lasciarlo. Glielo aveva scritto e detto e lui, Alessandro, tentava di manipolarla, facendola sentire in colpa perché voleva “lasciarlo prima di diventare madre facendo nascere un bambino con due genitori già separati”. Tra gli sms che Alessandro le mandava risuona con un tonfo assordante “che madre sei?”. È tutto qui. L’esempio emblematico della personalità che uccide. Prima psicologicamente, interiormente e, poi, fin troppo sovente, anche fisicamente. Alessandro era il classico esempio di chi pensa che una relazione sentimentale sia un esercizio di potere, di controllo. In cui chi può avere tutto è l’uomo. In cui chi decide tutto è l’uomo. In cui chi sceglie di porre “fine” è l’uomo. Ci sono molti piccoli tratti caratteristici e premonitori di quanto lui fosse il carnefice narcisista: dopo la confessione si è sistemato il cappellino da baseball specchiandosi in una vetrina. Dopo aver ucciso Giulia ha simulato la sua sparizione e la sua apprensione in merito, continuando a gestire la relazione con l’altra, che oramai avendo saputo della sua relazione lo allontanava, lasciandolo in pasto alla frustrazione del “abbandono”. A questo punto si palesano anche il bugiardo e il frustrato. Tutti tasselli di una personalità instabile ed insicura che per vivere, toglie. A cui una sola donna e una sola vita non bastano.
Giulia avrebbe davvero potuto scegliere? Giulia aveva un compagno che non sapeva scegliere se voleva lei o se voleva l’altra. Giulia aveva un compagno che era e sarebbe riuscito a spegnere i sogni di due donne. Giulia aveva un compagno che voleva sia lei sia l’altra.
Non tutti gli uomini con un buon posto di lavoro, bugiardi, manipolatori e narcisisti sono “distruttori di ali” ma sicuramente vale la pena essere attenti alle antenne emotive che ciascuna donna in cuor suo ha, perché spesso, quelle antenne avvisano del pericolo e difficilmente sbagliano. C’è un Dio speciale per le donne e c’è un Dio speciale per i bambini. Un Dio speciale che può salvare vite se solo parlassimo di come ci sentiamo e se solo ci vedessimo dall’esterno. Una buona strategia è non essere mai sole con qualcuno con cui “si è arrivati al limite” e soprattutto mai letteralmente “voltargli le spalle”, perché la prossima sfumatura della personalità omicida è la vigliaccheria. Bisogna volere a tutti i costi la libertà. Bisogna regalarsela e regalarla ai propri figli. Giulia stava per salvarsi e per iniziare a vivere davvero dopo una relazione tossica e falsa ma non ce l’ha fatta. Lei e Thiago non ce l’hanno fatta. Alessandro neppure. Giulia non sarà mai sola perché tutti la ricorderemo e ricorderemo i suoi sogni e le sue speranze. Giulia non sarà mai sola se ciascuno di noi ricorderà che a certe catene bisogna dire “addio” fin dal primo momento buio, fin dal primo sospetto. Fin dal primo momento in cui si viene colpevolizzate ingiustamente.
Perdonate se questa mia non è una riflessione. Ma voglio che sia un urlo. E che quest’urlo lasci l’eco per minuti, giorni, settimane, mesi e anni: GIULIA AVEVA UN COMPAGNO OMICIDA. GIULIA COME TANTE MA SEMPRE UNA IN PIU’. DI TROPPO.
Alla prossima riflessione!
Elisa Bertoja